‘GAZA È UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO E DI STERMINIO, PARAGONE CON LAGER NAZISTI È OVVIO’
‘ISRAELE STA PREPARANDO LA “SOLUZIONE FINALE” PER LA QUESTIONE PALESTINESE’
‘FANNO CONTINUAMENTE CONNESSIONI CON L’OLOCAUSTO PER ACQUISIRE IMPUNITÀ, E QUESTA POLITICA DELIBERATA DEI SIONISTI FA AUMENTARE L’ANTISEMITISMO’
Dopo più di due anni di stermini quotidiani e di bugie goffe, alcuni dibattono ancora sull’appropriatezza del termine genocidio per definire quello che sta accadendo a Gaza e nel resto della Palestina. La Commissione d’Inchiesta ONU sui territori palestinesi occupati lo ha messo nero su bianco due mesi fa. Lo storico israeliano ed esiliato accademico Ilan Pappé, fin dai primi anni duemila, definiva la sistematica oppressione del popolo palestinese come “genocidio incrementale”, ovvero un genocidio iniziato nel ‘48 e incrementato gradualmente, fino al punto che, oggi, qualcuno non lo esita a definire un <<Olocasuto>>. Tra questi c’è Stephen Kapos, un sopravvissuto all’Olocausto di origine ungherese. A 7 anni, si è salvato assumendo una falsa identità e vivendo nascosto dopo l’invasione tedesca dell’Ungheria nel 1944. Poi, nel 1956, si è trasferito nel Regno Unito dopo l’invasione dell’URSS. Diversi membri della sua famiglia sono stati sterminati, suo padre è stato deportato nei campi di concentramento nazisti ma, alla fine, è riuscito a tornare a casa.
Kapos non è certo l’unico sopravvissuto alla Shoah critico delle politiche israeliane. Tra i vari segnaliamo Aryeh Neier, Marion Ingram, Hajo Meyer e Gabor Maté. Di “olocausti”, al plurale, ne ha parlato Theodor Meron, anche lui sopravvissuto alla Shoah: è uno di quei giudici che ha dato un parere favorevole alla procura della Corte Penale Internazionale sul mandato di cattura per Netanyahu, il premier-criminale di guerra che ovviamente ha definito la Corte <<antisemita>>.
In questo articolo, e nel video collegato, riportiamo alcuni passaggi di Stephen Kapos rilasciata alla testata britannica “Double Down News”, che ringraziamo per averci concesso di usare alcuni pezzi del suo filmato.
Le parole di Kapos, non lasciano spazio a interpretazioni assolutorie a tutti quei settori della società israeliana e globale che portano avanti il genocidio, che lo hanno sostenuto direttamente con il supporto militare, diplomatico, politico, economico e, non da ultimo, mediatico. Senza giornalisti asserviti o “distratti”, sarebbe molto più difficile uccidere migliaia di innocenti con la scusa che “è tutta colpa di Hamas”... Il negazionismo dell’Olocausto di Gaza, come quello degli olocausti di ebrei, rom, disabili, gay e oppositori politici durante la seconda guerra mondiale, non devo causare solo ribrezzo, ma deve spingerci affinché “mai più” significhi davvero “mai più” per nessuno.
L’OLOCAUSTO DEI PALESTINESI
<<Quello che sta succedendo a Gaza è un Olocausto. Ciò che il governo israeliano sta progettando è la “soluzione finale” alla questione palestinese. Da sopravvissuto all’Olocausto la mia reazione è: “non nel mio nome!”.
Lo sterminio, la de-umanizzazione, la fame, l’embargo, la mancanza di acqua e medicine, la distruzione del sistema sanitario, la “caccia” ai dottori, la “caccia” ai giornalisti, le “zone sicure” che si rivelano delle trappole, tutt’altro che sicure, campi di concentramento... Tutte queste cose insieme lo rendono chiaramente un olocausto.
Senza dubbio tutti questi elementi non sono in nessun modo diversi da azioni simili commesse dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. Gaza è un campo di concentramento all’aria aperta. In qualche modo è un campo di sterminio, perché non c’è modo di uscirne, se non morendo per i bombardamenti, per le malattie o per la mancanza di cibo. L’unica alternativa è accettare di essere risistemati in qualche altro posto, dove non si vuole andare.
Durante l’Olocausto non ho vissuto solo la discriminazione, la vita in clandestinità, eccetera... Ma ho vissuto anche le battaglie nella zona specifica in cui ci nascondevamo -a Budapest NDR-. Una volta usciti fuori, quando tutto era finito, ho visto la devastazione totale, proprio come si vede nelle foto di Gaza: edifici distrutti, cumuli di macerie, cavalli e persone morte. Vedo esattamente la stessa cosa a Gaza. Tuttavia, la differenza principale è che ciò che vidi fu il risultato dello scontro tra due eserciti, mentre quello che vedo a Gaza è una distruzione deliberata, e penso che ci sia un maggiore grado di malvagità rispetto a quello che vidi allora.
Il permesso di fare tutto quello che si sta imponendo ai palestinesi è completamente basato sull’esperienza dell’Olocausto. Ma, invece di arrivare alla conclusione che si tratta di qualcosa da cui imparare perché non venga ripetuto con altri popoli, lo stanno usando come un’autorizzazione per non assumersi obblighi verso qualunque altro popolo.
Penso a quando Netanyahu dice “Mai più è adesso!”. Questo è un chiare riferimento all’Olocausto per giustificare qualunque cosa facciano. Sono sempre loro le vittime, non importa quanto siano aggressivi verso gli altri. Un altro esempio: l’ambasciatore israeliano all’ONU, prima di parlare all’incontro del Consiglio di Sicurezza, in maniera molto teatrale si è messo addosso una stella gialla. L’ho trovato particolarmente sconvolgente e disgustoso perché ho dovuto indossare la stella gialla quando avevo sette anni, nel 1944. Usano continuamente questa connessione come copertura, per acquisire impunità, impunità totale. Questa è la politica deliberata dei sionisti e dello stato israeliano: fanno aumentare l’antisemitismo in tutto il mondo perché associano l’ebraismo al sionismo e alle loro politiche.
E, come è noto, un gran numero di ebrei, che hanno senso di giustizia, sono assolutamente contrari a ciò. Ed è sorprendentemente un danno contro gli ebrei e il resto del mondo. Quindi, non è solo ovvio che lo stato israeliano e il sionismo stiano producendo un genocidio a Gaza, ma è addirittura la cosa peggiore che poteva accadere a quegli ebrei connessi con queste azioni orribili>>
KAPOS: ‘PARAGONARE GLI ESTREMISTI ISRAELIANI AL NAZISMO NON DEVE ESSERE UN TABÙ E BISOGNA PROTESTARE CONTRO DI ESSO’
Kapos, nell’intervista, dopo aver affrontato la strumentalizzazione disgustosa dell’Olocausto per giustificarne un altro, dopo aver parlato dell’uso strumentale dell’antisemitismo, e dopo aver violato “l’interdizione mediatica” dell’uso della parola genocidio, rompe un altro tabù: il paragone del nazismo al sionismo. Ricorda di quando Albert Einstein e Hanna Arendt, insieme ad altri intellettuali ebrei, inviarono una lettera al New York Times, paragonando teorie e metodi dei primi sionisti a quelli dei nazi-fascisti. <<Se un tale paragone era accettabile subito dopo l’Olocausto, deve sicuramente essere accettabile oggi, e dobbiamo protestare contro il tabù che vuole imporre di non fare nessun paragone tra le azioni genocide di Israele e il regime nazista>>. In una di quelle proteste, che molti definiscono off-limits per gli ebrei, aveva violato il divieto di marciare in corteo pacificamente e, per questo, è stato sottoposto a un lungo interrogatorio in una stazione di polizia londinese.
Mentre parla della “Gaza Humanitarian Foundation”, la sedicente fondazione umanitaria che ha usato i siti di distribuzione degli aiuti controllati da Israele come trappole mortali, fa un altro parallelismo con il nazismo, collegando le pratiche “umanitarie” dei due regimi: <<alcuni leader nazisti, conosciuti per essere gentili con gli animali, visto che gli ebrei erano da loro considerati “animali umani” -stessa espressione usata da Gallant, coimputato di Netanyahu NDR- avevano stabilito che sarebbero stati “umanitari” nell’eseguire lo sterminio completo. Per esempio lo facevano evitando che conoscessero il loro destino da subito, in modo che non soffrissero di ansia. Questo era il loro tipo di approccio “umanitario” nei campi di concentramento. Questa idea di “campo umanitario” non è un nuovo concetto>>, così come il parallelo tra le “zone umanitarie” di Gaza e <<i campi di concentramento nazisti è ovvio>>. Serve de-umanizzare il popolo sottoposto a pulizia etnica e/ogenocidio, <<altrimenti non si otterrebbe cooperazione da nessun per eseguire questo tipo di piano>>.
Kapos passa dunque a parlare di Netanyahu e della società israeliana nel suo complesso, dopo aver raccontato della sua perplessità nei confronti di alcuni suoi parenti in Israele <<completamente ri-formati>> e indottrinati dalla propaganda nazionalista israeliana. Racconta di una cugina che ad Auschwitz veniva sfruttata in un magazzino, mettendo a posto i panni di chi era stato sterminato nelle camere a gas. Un giorno dovette mettere a posto i vestiti dei suoi genitori, <<cosa che sarà stata un trauma enorme. Lei è sopravvissuta. Quando l’ho incontrata ad Haifa ho trovato una razzista, completamente razzista, come tutti gli altri. Francamente trovo incomprensibile che qualcuno con un’esperienza del genere sia preda di questa propaganda (...) Netanyahu è certamente un criminale di guerra, come è stato stabilito. Ma non dobbiamo fare l’errore di pensare che tutto ciò abbia a che vedere semplicemente e solo con Netanyahu, perché la leadership attorno lui e, sfortunatamente, la maggiorparte del paese la pensano alla stessa maniera>>.
KAPOS: ‘SE SI VUOLE ESSERE DALLA PARTE GIUSTA DELLA STORIA, BISOGNA PRENDERSI DEI RISCHI’
Avviandosi alla conclusione, ci mette in guardia sulle limitazioni alle libertà di parola e di manifestazione, l’anticamera del fascismo. In chiusura racconta di un amico di famiglia, Emil Wiesmeyer, un tipografo non ebreo che aiutava gli ebrei a produrre documenti di identità falsi per sottrarsi ai nazisti. Lo faceva assumendosi dei rischi: <<dovete assumervi dei rischi, questa è la conclusione. Se volete essere dalla parte giusta della storia non potete evitarlo, dovete prendervi dei rischi. Non dovete essere degli eroi, ma bisogna che vi prendiate un certo grado di rischio, per esempio nella vostra carriera professionale, o nella vostra carriera studentesca. Cose che alcune persone molto coraggiose stanno facendo, ma dovrebbe essere molte di più>>.
Possiamo cominciare a fare qualcosa di concreto contro il genocidio partendo da quello che mettiamo nel carrello della spesa: scaricate applicazioni come “No Thanks” e “Boycat” (la seconda collabora ufficialmente con il BDS), seguite le campagne del movimento BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) e non acquistate prodotti di aziende che fanno affari con uno stato terrorista che applica l'apartheid e pratica il genocidio.
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