21.11.22

ROJAVA E KURDISTAN IRAKENO SOTTO ATTACCO

IL SULTANO E IL SUO ESERCITO N.A.T.O. SFRUTTANO IL “PRETESTO”  DELL’ATTENTATO, MENTRE IL REGIME IRANIANO COLPISCE LA POPOLAZIONE DI CUI FACEVA PARTE ANCHE MAHSA AMINI, LA GIOVANE PESTATA A MORTE PERCHÉ NON PORTAVA CORRETTAMENTE IL VELO

Dopo l’attentato a Istanbul, attribuito dal regime di Erdogan con un’improbabile “inchiesta lampo” e in maniera goffa al PKK e alle YPG, nella notte tra Sabato e Domenica sono partiti i raid aerei turchi lungo il confine con l’Amministrazione autonoma della Siria del Nord-Est.

Si teme un escalation del conflitto di concerto con l'Iran. Tantissimi partecipano alle proteste in tutto il Rojava e ai funerali delle vittime civili, mentre le SDF annunciano <<vendetta>> e affermano che <<militarmente parlando, l’attacco terrorista turco nelle nostre aree e fallito>>.


L'immagine di un'automobile colpita a Derik, tratta dal comunicato delle YPJ



GLI ATTACCHI AEREI, IL BILANCIO DELLE VITTIME E LA RAPPRESAGLIA DELLE “HRE”

Un attacco con ottanta aerei Turchi contro il Kurdistan occidentale è stato lanciato circa due ore prima della mezzanotte del 19 Novembre, ed è continuato fino al mattino successivo. Il fronte che va da Kobane, città nota per l’eroica battaglia contro il sedicente Stato Islamico, fino a Derik, vicino al confine con il Kurdistan Irakeno, è lungo circa 700 KM. Le autorità turche hanno dichiarato di aver preso di mira e distrutto quasi novanta obiettivi.


Mappa tratta del sito del Rojava Information Center. Gli attacchi di ieri si sono abbattuti su diversi centri abitati da Kobane (a Nor-Ovest) fino a Derik (a Nord-Est)


Almeno 31 le vittime in totale: 11 le vittime civili (tra cui un giornalista di Hawar News Agency-ANHA) a Derik, almeno cinque combattenti riconducibili alle SDF (l’ala militare del partito curdo-siriano PYD), 2 guardiani di un silo di grano e circa 20 soldati del regime siriano, oltre ad almeno cinque feriti e un ospedale distrutto. Secondo un dispaccio delle YPJ, l’attacco a Derik è stato attuato tramite la tecnica del “Double-Tap” (Doppio-Tocco) che consiste nel lanciare dei missili in un primo momento e poi, dopo che altre persone accorrono sul luogo dell’esplosione, si colpisce nuovamente.

Una milizia nell’orbita delle SDF, l’Afrin Liberation Forces (HRE), dopo aver diffuso un comunicato in cui annunciava il “martirio” di cinque dei suoi combattenti, ne ha diffuso un altro, dove si spiega che ieri sono state portate a termine <<due operazioni di rappresaglia: la prima contro la stazione dei corpi speciali di polizia di Oncupinar, con il risultato di un commissario e tre agenti uccisi, e otto feriti. La seconda a Dabiq, nella regione Mare, dove tre soldati turchi sono morti e altri quattro rimasti feriti>>.


Il comunicato delle HRE

A Raqqa alcune persone hanno protestato lanciando pietre contro una base militare russa: gli attacchi aerei sarebbero avvenuti con l’avallo della Russia che ha lasciato gli aerei turchi liberi di agire.




L’ATTACCO CONTEMPORANEO (E FORSE CONGIUNTO) DEL REGIME IRANIANO IN IRAQ

Intanto i Pasdaran iraniani (il Corpo delle guardie della rivoluzione islamica), tramite un organo stampa a loro riconducibile, hanno rivendicato un attacco nel Kurdistan irakeno con missili e droni: sarebbero stati uccise 26 persone appartenenti al partito comunista curdo-iraniano Komala e al conservatore Partito Democratico del Kurdistan Iraniano: secondo il regime degli Ayatollah  sarebbero complici di foraggiare “i terroristi” che si ribellano all’interno del paese e di minare la stabilità interna con azioni come il traffico d’armi. Il Comando Generale degli USA ha condannato l’attacco perché <<viola la sovranità irachena e costituisce un rischio per la combattuta stabilità e sicurezza del medio-oriente>>. Per gli stessi motivi, circa un mese fa, erano stati lanciati attacchi analoghi.

Come si spiega in questo post di Radio Onda D’urto forse, dato che le truppe iraniane si stanno concentrando al confine, si sta preparando un’incursione via terra per “amplificare” gli attacchi aerei turchi, e non è detto che le operazioni dei due paesi non avvengano in maniera congiunta.


L’ATTENTATO DI ISTANBUL

Negli scorsi giorni ci eravamo occupati dell’attentato in tre post: nel primo articolo richiamavamo il tema della strategia della tensione; in un altro post spiegavamo che secondo un esponente del PYD l’attentatrice sarebbe legata al FSA, opposto ad Assad e appoggiato dalla Turchia; in un terzo post si spiegava che un politico ultranazionalista del partito dei “lupi grigi” era stato interrogato dalla polizia: risultava che da una sua utenza erano partite delle telefonate alla presunta attentatrice.


L’APPELLO DELLA RETE KURDISTAN

Concludiamo questo post riportando il comunicato dell’Assemblea Nazionale di Rete Kurdistan Italia che, spiegando quanto accaduto, invita alla mobilitazione e alle pressione sulle istituzioni: << (…) le città di Kobane e Derik sono state ripetutamente colpite per diverse ore durante la notte e di nuovo nel corso della mattinata. Kobane, la città che ha sconfitto l’ISIS al prezzo di migliaia di vite civili e di combattenti YPG/YPJ e PKK, è da allora nel mirino del regime di Erdogan e per questo motivo è stata immediatamente indicata dal governo turco come capro espiatorio in seguito al recente attentato avvenuto ad Istanbul. Indicare le istituzioni del Rojava come responsabili dell’attentato non è altro che un goffo tentativo di legittimare agli occhi dell’opinione pubblica una nuova invasione del Rojava, in particolare della città di Kobane, la cui occupazione completerebbe il progetto neo ottomano iniziato con le invasioni del 2018 e 2019.

Anche la tempistica di questi attacchi non è casuale, il governo AKP-MHP è in calo nei sondaggi che lo vedrebbero sconfitto nelle prossime elezioni, nonostante Erdogan abbia tentato di ritagliarsi una posizione di rilievo attraverso gli accordi economici con l’UE e tentando di acquisire una posizione centrale nel conflitto tra Russia e Ucraina. In un momento storico in cui il mondo sta seguendo con attenzione le rivolte in Rojhelat e in Iran, al grido di “Jin Jiyan Azadi” – Donna Vita Libertà, il governo turco sta lavorando attivamente per distruggere la rivoluzione delle donne del Rojava, il luogo in cui da dieci anni questo motto è stato applicato e si è tramutato in pratica politica.

Di fronte a questa ipocrisia l’opinione pubblica mondiale deve adoperarsi affinché la comunità internazionale metta fine agli attacchi turchi agli uomini e alle donne che lottano per un nuovo modello di pace in Kurdistan e in medio oriente. L’assemblea nazionale di ReteKurdistan Italia che si è riunita il 19 e 20 novembre fa per questo appello a tutte le realtà e i singoli solidali con il popolo curdo e che credono nella pace e nella democrazia a non aspettare l’inizio di una nuova invasione per mobilitarsi.

Chiediamo quindi di iniziare immediatamente a mobilitarsi per informare l’opinione pubblica sui crimini di guerra dello stato turco, sui suoi piani di invasione e sull’uso massiccio di armi chimiche già in corso. Chiediamo di fare pressione sulle istituzioni affinché il nostro paese non sia complice di questa guerra, affinché le armi italiane non vengano usate per distruggere la rivoluzione delle donne e massacrare i popoli che sperimentano il paradigma del Confederalismo Democratico, in Rojava e in ogni altro luogo>>.

 

Proto-Redazione

1 commento:

  1. Non capisco perché gli USA se la prendono (giustamente) con l'Iran e non con la Turchia... Mi sembra così ipocrita...

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