22.7.23

PATRICK ZAKI È LIBERO:

ADESSO ESIGIAMO VERTIÀ E GIUSTIZIA PER GIULIO REGENI!

Mentre il dibattito dei media mainstream si focalizza sull’aereo di stato rifiutato da Patrick Zaki, che come difensore dei diritti umani si mantiene indipendente da ogni governo (e in particolare da questo che vorrebbe farsi le foto con lui “in passerella”, e cioè sfruttare il suo caso per ottenere un vantaggio mediatico) e mentre la stampa destrorsa lo bolla per questo come “ingrato”, noi continuiamo a fare pressione sul governo italiano e sul regime egiziano perché adesso si ottenga giustizia e si faccia piena luce sulla torbida vicenda di Giulio Regeni, rapito nel 2016 nel giorno dell'anniversario delle proteste di piazza Tahrir al Cairo, e trovato morto circa dieci giorni dopo vicino a una struttura detentiva dei servizi egiziani.



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In basso a sinistra i titoli dei giornali in una ricerca su Google che parlano dell'attacco a Patrick Zaki, definito "ingrato" per aver rifiutato il volo di stato offerto dal governo (in fondo all'articolo trovate l'immagine originale). In alto a sinistra l'immagine di Patrick Zaki dell'Egyptian Initiative for Personal Rights (l'originale a questo link). In alto a destra l'immagine di Giulio Regeni di Asiaecica (l'originale a questo link). In basso a destra un banner in cui si chiede verità per Giulio Regeni fotografato da Camelia.boban (l'originale a questo link). Licenza delle tre foto "CC BY-SA 4.0 DEED"

Il governo "post-fascista" prova ad appropriarsi di una battaglia portata avanti da un largo settore della “società civile”, oltre che da movimenti e individualità più “politicizzati”. Il giornale Libero attacca lo studioso definendolo "ingrato" per l'ovvio rifiuto del volo di stato, mentre il ministro Crosetto sfodera un pessimo umorismo dicendo: <<meglio, così risparmiamo>>.

Siamo contenti che Patrick non dovrà essere rinchiuso per un ulteriore anno nelle prigioni e luoghi di tortura egiziani (dato che ne ha comunque già scontati quasi due), ma riteniamo che l’ottenimento della sua libertà sia diplomaticamente molto più complesso e di difficile realizzazione rispetto alla consegna di alcuni membri dell’élite militare egiziana alla giustizia italiana (gli imputati si chiamano: Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abedal Sharif e sono attualmente irreperibili), perché in sostanza di questo si tratta.

Idealmente, con i dittatori non si dovrebbero cercare accordi concilianti e tantomeno si dovrebbe fare affari con loro, né di armi né di altro genere, anche se comunque realisticamente le "armi" della diplomazia e degli scambi commerciali andrebbero utilizzate al meglio, in particolare per scongiurare l'uso delle armi vere e proprie, oltre che quelle della repressione all'interno dei confini dell'Egitto (di Giulio Regeni se ne parla, forse comunque non abbastanza, perché era un cittadino europeo, mentre sappiamo ancora meno dei "comuni mortali" egiziani che vengono torturati, detenuti in isolamento e che scompaiono nel nulla perché invisi al regime).

Fatta questa premessa (ovviamente un’opinione personale che crediamo sia sostanzialmente e largamente condivisa da chi sta leggendo queste righe), ci chiediamo: il governo italiano sta usando la leva degli “affari” anche per chiedere verità e giustizia per Giulio Regeni, visto che si è prodigato tanto per Zaki?

Purtroppo si può suppore che a chi ci governa (e a molti di quelli che li votano, se hanno un minimo di coscienza civica e critica) interessa meno la verità, presupposto della giustizia e quindi di una società più equa e onesta, mentre hanno invece più cura degli affari e -quando non agiscono per puro tornaconto personale- di far crescere il PIL, unica misura della qualità della vita della società capitalista-consumistica (e stiamo comunque messi male da questo punto di vista).

Bisogna infatti precisare che l’attuale governo "post-fascista" dichiara di essersi attivato per ottenere giustizia in entrambi i casi: speriamo! E speriamo anche che non ci sia stata davvero nessuna “trattiva segreta”o “baratto” tra le due questioni diplomatiche , ossia che si è deciso di usare la liberazione di Zaki come uno specchietto per le allodole, dato che comunque è stato punito con la reclusione, e in maniera tale da attenuare le istanze di verità e giustizia dell'opinione pubblica e non consegnare alla giustizia italiana i militari egiziani che dovrebbero essere processati.

Per questo dobbiamo continuare a fare pressione e a tenere alta l’attenzione sul caso.

Promettendo che torneremo a trattare più approfonditamente la vicenda del ricercatore italiano torturato e assassinato dai servizi segreti egiziani, intanto ribadiamo:

 

VERTIÀ E GIUSTIZIA PER GIULIO REGENI!

 

Editorialista Travagliato


L'immagine ingrandita dei primi risultati di ricerca su Google, e quindi dei titoli di diversi giornali che trattano la notizia del rifiuto dell'areo, apparsi digitando le parole "Zaki ingrato"


ultima modifica 07/11/2023 ore 18:54


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