23.12.22

L’EDITORIA ANARCHICA E LIBERTARIA IN ITALIA

DAGLI ANARCO-CAPITALISTI ALL’UTOPIA LIBERTARIA E DEMOCRATICA

Per la rubrica Esami Infiniti pubblichiamo la parte conclusiva di una tesi dedicata all’editoria anarchica e libertaria in Italia, intitolata per l’appunto: “L’editoria libertaria italiana: dalla frammentazione della galassia anarchica all’omologazione insurrezionale”.



Nella prima parte di questo quinto capitolo si parla di quello che molti (incluso chi scrive) considerano un “corpo esterno” nel mondo libertario: ci riferiamo agli pseudo-libertari definibili “anarchici di destra” (anarco-capitalisti, libertariani, anarco-fascisti) italiani; nel paragrafo successivo si trova una stringata rassegna di produzioni mediali –diverse da quelle “a stampa” cartacee e digitali- concernenti l’anarchismo italiano, oltre a un cenno brevissimo al mondo dei “fediversi”, sicuramente più decentrati (se non anche libertari) dei principali social-network; nel terzo è ultimo paragrafo si trovano delle considerazioni personali sulla “continuità” tra democrazia in senso lato (e pure in senso “liberale” più ristretto) e anarchismo, espresse seguendo la logica che è anche parte della linea editoriale di FanRivista, che prevede il manifestare le convinzioni di chi scrive e così facendo (e cioè "schierandosi") anelare all’obiettività essendo più “trasparenti” verso chi legge.

 

NELLE PRECEDENTI “PUNTATE”, OSSIA NEI QUATTRO CAPITOLI PRECEDENTI DELLA TESI, SI ERA PARLATO DI:

1) Anarchismo, terrorismo e storia del movimento anarchico in Italia, connessa a quella "mediatica"

2) Case editrici “libertarianeggianti” più tradizionali e più informali

3) Periodici, aperiodici storici e “zine” contemporanee (in questo capitolo abbiamo parlato anche di Sacco e Vanzetti, a cui abbiamo dedicato anche un ricordo “non agiografico” nell’anniversario della loro barbara esecuzione)

4) Piattaforme online e siti libertari autogestiti. Il capitolo è corredato da una sitografia che, per ovvie ragioni, non è esaustiva e potenzialmente aggiornabile ma che può rappresentare un punto di partenza per chi volesse cominciare a “mappare” le produzioni online anarchicheggianti, in continuità cronologica e storiografica con un “lavoraccio” affine iniziato da Leonardo Bettini, che censì svariati periodici e numeri unici (di questo lavoro se ne parla ovviamente nel capitolo precedente).

5) Conclusione
5.1) Il partito dei Radicali e la “vera destra” libertariana

In questa tesi si è fatto riferimento, partendo dalle tripartizioni proposte da Sacchetti, a un’ipotetica “sinistra” e alla rispettiva “destra culturale” del movimento anarchico. In realtà esistono dei libertari che si definiscono “di destra” nel senso propriamente detto, da quelli che credono in un mercato assolutamente libero che si regola da sé e che la totale deregulation sia in grado di normare anche i rapporti tra gli individui, fino a chi si dichiara anarco-fascista o anarco-nazionalista[1]. Come si sarà notato leggendo la parte di questa tesi dedicata al web, il resto del movimento anarchico tendenzialmente non considera tali i libertari “di destra”, definendoli “pseudo-anarchici”. Comunque, prima di avviarmi alla conclusione di questo elaborato che si sforza di descrivere e mappare tutte le componenti editoriali libertarie e anarchiche (componenti anche “ipotetiche” dal punto di vista teorico secondo alcuni), ho ritenuto necessario menzionarli.

Espressioni editoriali della corrente “anarco-capitalista” sono le case editrici “Liberilibri” (maceratese e guidata da Aldo Canovari e Carlo Cingolani) e “Leonado Facco Editore” (ex leghista, fondatore delle riviste “Il Miglio Verde” ed “Enclave” e del “Movimento Libertario”). La rivista “capostipite” del movimento in Italia è stata “Claustrofobia”, pubblicata tra il 1978 e il 1979.

Un altro soggetto politico considerato “sedicente libertario”[2] è il Partito Radicale, che avrebbe anche <<sdoganato, nel linguaggio comune della politica, il termine “libertario”>>[3]. Oltre alla nota “Radio radicale” è da ricordare anche la vicenda di “Stampa Alternativa” di Marcello Baraghini, noto soprattutto per il fenomeno editoriale dei “Millelire”[4].

5.2) Dagli archivi a “Mastodon” passando per documentari e fogli volanti

Anche se ho incentrato questo lavoro sull’editoria (formale e “informale”) del movimento, e quindi sulla carta stampata e su quella “digitale”, concludendo questo scritto vorrei passare brevemente in rassegna anche altri tipi di produzioni mediali, sia scritte che non, oltre che ai produttori, conservatori e diffusori di queste.

In primis per quanto riguarda gli archivi e i centri studi segnalo il già citato “Fragili carte” di Luigi Balsamini (edito nel 2009 dalla Vecchiarelli) che censisce e descrive i più importanti. Per quanto concerne invece le fonti orali dei militanti rimando invece al volume menzionato “Parlare d’anarchia”, curato dallo stesso autore, da Carlo de Maria ed Enrico Acciai (edito dalla Biblion nel 2017).

Nel campo editoriale il fumetto più diffuso dell’anarchismo italiano penso sia “Anarchik”, pubblicato a partire dagli anni Sessanta prima su vari volantini e poi nelle vignette di “A rivista anarchica”, e ideato da Roberto Ambrosoli.

Citando i canti e i testi teatrali di Pietro Gori restiamo ancora nel campo dell’editoria scritta, anche se “musicale” nel primo caso: dai tempi della schermaglia pubblicistica per l’esclusiva delle sue opere (occorsa tra i rappresentati delle “due Sociali” di cui parlo sopra, Monanni e Binazzi) fino ai siti web che riproducono gli accordi e i testi delle canzoni, passando per le celebri cover di Addio Lugano di Gaber e Milva, e le opere a noi coeve basate sulla sua vita[5], riscuote ancora molto successo. Un esempio del “vecchio e nuovo” che si mescolano si trova in una canzone che risale al 2020, un mashup della sigla del cartone animato Lupin III con “Quando l’anarchia verrà” di Sante Ferrini[6]. Un'altra rappresentazione teatrale più recente, inizialmente basata sulla storia di Pinelli, e poi adattata alla simile vicenda di Salsedo per questioni legali, è “Morte accidentale di un anarchico” di Dario Fo[7].

Passando ai prodotti “video”, degno di nota è il film-documentario “XXI – Errico Malatesta verso un’Umanità Nova” del regista Niccolò Andenna, che riproduce anche una versione “al femminile” dell’opera dialogica firmata dall’anarchico campano, “Fra contadini”[8].  C’è poi una puntata intitolata “Gli anarchici” del 1975 de “La Parola, il fatto”, con la regia di Giuliana Berlinguer, la sceneggiatura di questa e di Lucio Mandarà, la consulenza linguistica di Tullio De Mauro e quella storica di Pier Carlo Masini. Più recente è una puntata del programma RAI “La Storia siamo noi” del 2012, condotto allora da Gianni Minoli e intitolata “Quando l’anarchia verrà, cent’anni di movimento”. Di questi giorni (Marzo 2021) è quella dedicata da “Passato e Presente” (condotto da Paolo Mieli) al terrorismo anarchico negli ultimi due decenni del Diciannovesimo secolo, intitolata “Morte al tiranno, anarchici del 1800”[9]. Sempre a proposito di programmi della RAI, è probabilmente durante una puntata di “Dossier” di Enzo Biagi del 1982, dedicata alla guerra di Spagna, che <<per la prima volta le ragioni degli anarchici vengono esposte in un contesto pubblico di così vaste proporzioni>>: la testimonianza dell’ex combattente anarchico Umberto Marzocchi stride con le <<omertose argomentazioni staliniste>> dei comunisti Vittorio Vidali ed Enrique Lister, sull’assassinio di Camillo Berneri[10]. Tra i film quello più recente è “Il Banchiere Anarchico” di Giulio Base, basato sull’omonimo libro di Fernando Pessoa. C’è anche “Ormai è fatta” di Enzo Montelone, basato sul libro del citato Horst Fantazzini (alias “il ladro gentiluomo”).

Ritornando alla “carta stampata”, seppure costituita da volantini e manifesti, segnalo il progetto di raccolta ancora in corso della BFS, nominato “Fogli volanti”[11].

A proposito delle radio, è stata già menzionata la torinese “Blackout” (in riferimento a “Il Ros è nudo!”), al cui progetto hanno contribuito anche <<alcune individualità anarchiche>>[12] e che ospita una rubrica della sezione FAI torinese, “Annares”. Un’altra radio connessa all’area antagonista e anche al movimento anarchico è la bresciana Radio Onda D’Urto, che come logo riporta quello del gatto nero, tipico della simbologia anarchica.

Ci sono poi i profili social (includendo anche YouTube tra questi) di molte delle sigle qui menzionate, che non provo ad analizzare. Mi preme comunque di segnalare l’uso del social network “decentrato” “Mastodon”, una sorta di “Twitter” che funziona su dei server “federati” e con regole personalizzabili per ogni “istanza” (ossia una parte di un server occupata da un gruppo di utenti). Queste ultime e i relativi utenti possono a loro volta interagire e seguirsi a vicenda, o meno ... Nel caso si può anche decidere di cambiare istanza, e se ne possono conoscere altre tramite il meccanismo “dell’amico che presenta un amico”, che funziona anche per i singoli utenti, oppure uscendo dalla propria istanza e iscrivendosi ad altre[13]. Oltre a essere usato da molti dei gruppi citati in questo lavoro, rappresenta anche un esempio di sperimentazione autogestionaria e libertaria online, ed è anche open source.

5.3) Considerazioni finali su questa tesi, sull’anarco-insurrezionalismo e sulla democrazia.

Uno dei principali assunti di questa tesi è quello dell’omologazione editoriale dell’ambito insurrezionale (e in particolare di quello “nichilista” della FAI-FRI), che si viene a creare nel groviglio di ripubblicazioni via web e che hanno anche un impatto sul posizionamento nei motori di ricerca. Come si è visto la pratica della ripubblicazione era già in uso fin dai tempi dei primi periodici: cercare di tracciare una mappa dei collegamenti “testuali” tra le pubblicazioni di tempi più remoti potrebbe essere materia di ulteriori studi anche se, a differenza delle pubblicazioni via web, un compito del genere potrebbe risultare più arduo, soprattutto per quanto riguarda la ricerca dei testi non digitalizzati tra quelli sopravvissuti fino a oggi. Per esempio, proprio l’imponente lavoro di catalogazione di Leonardo Bettini fu compromesso da un incendio, e non è da escludere che eventi di questo genere, o anche di altro tipo come la scadenza di un dominio online, possano vanificare le ricerche di testi anche su supporti non cartacei. Non è nemmeno un caso che l’analisi di molti dei siti web trattati in questa sede, alcuni scomparsi del tutto e altri solo modificati, è stata possibile anche a strumenti di catalogazione come il Web Archive, che permette non solo di recuperare molti siti del web perduti, ma anche di consultare in ordine cronologico le diverse “fasi redazionali” di un sito web. Inoltre, sempre a proposito delle relazioni sul livello specificamente “scritto” (oltre che degli altri tipi di relazioni “intorno” a uno scritto) l’uso di strumenti ipertestuali, mappe concettuali digitali e strumenti affini può facilitare sia la fase della ricerca che quelle della presentazione dei risultati e scomparso nel 1982.

Giungo quindi al nodo della consultazione, in una maniera difficilmente concepibile nel periodo in cui ha vissuto Bettini, degli altri tipi di relazioni, quelle “intorno” agli scritti e all’altro campo di indagine storiografico, ossia quello delle relazioni personali, economiche, politiche e sociali che intercorrono tra chi materialmente produce i diversi contenuti mediali. Del resto non si fa storia della cultura <<senza fare storia dell’editoria, e non solo nella sua concreta organizzazione, ma nella trama sottile dei legami di vario tipo che stabilisce fra quanti concorrono alla nascita di un libro, di una rivista, del fascicolo di un periodico [o di un sito web e di un video su Youtube] qualsiasi. D’altra parte neppure storia dell’editoria si fa senza fare storia della cultura nell’intreccio dei rapporti fra istituti di ricerca e scuole di ogni livello, fra interessi economici e organizzazioni politiche[14]>>. Nel mio piccolo ho cercato di ricostruire questo genere di relazioni, editoriali e non, tramite un lavoro di ricerca basato interamente sulla consultazione di fonti aperte, e quindi principalmente di testi ed emeroteche online, (anche perché mentre concludo questo lavoro, nel mese di Marzo 2021, gli spostamenti sono ancora ridotti o impossibilitati a causa della pandemia del “covid-19”, oltre al fatto stesso che oggetto principale di questa tesi è proprio l’ambito del web) ma anche sui dati non immediatamente visibili come gli indirizzi IP, come ho fatto nel caso di “Finimondo” e “Gratis edizioni” (oltre che in quello di “Guerra Sociale” e “Edizioni Anarchismo”, relazione confermata in questo caso specifico dalle carte della più volte citata inchiesta Scripta Manent). Proprio il continuare a confrontare un dato come quello degli indirizzi IP potrebbe portare a ulteriori possibili connessioni, anche se mi risulta che non sia sempre indicativo, oltre ogni ragionevole dubbio, che esista una connessione “personale” correlabile a quella degli IP: per esempio due siti “anarco-insurrezionali” potrebbero essere allocati nello stesso server fornito da “A/I”. Anche a questo proposito mi sembra quasi superfluo sostenere un approccio multidisciplinare per la ricerca storiografica, che si apra di più anche a campi come quello dell’informatica oltre che ad altre materie con cui ci sono già legami “accademici” più consolidati.

Inoltre un'altra evidenza che mi sembra indiscutibile è quella della funzione storiografica che molti siti, inclusi quelli insurrezionali, svolgono ripubblicando testi cronologicamente più lontani da noi. Faccio un esempio che penso sia calzante: se una libreria americana digitalizza un periodico anarchico in lingua italiana di fine Ottocento, non è detto che si trovi automaticamente o “facilmente” su Google. Per prima cosa il motore di ricerca deve “fotografarlo” tramite il suo “spider-bot”, e già in questa fase potrebbero esserci refusi ed errori vari, dovuti allo stato della “fotografia” e che potrebbero non restituirci il testo che effettivamente cerchiamo …  Cosa che non avverrebbe se lo stesso testo venisse digitalizzato con più cura da una mano umana. In seconda istanza deve essere accessibile tramite una nostra ricerca, e qui intervengono tutti quei parametri considerati dagli algoritmi, come anche la ripubblicazione di quel testo su altri siti.

Spero anche che questa tesi abbia raggiunto almeno in parte il suo obiettivo più generico, ossia quello di riuscire a tracciare quantomeno la “bozza” di una mappa dei media “anarchicheggianti”.

Mi appresto infine a esporre alcune considerazioni, che in parte riflettono anche delle idee e convinzioni personali: ci tengo a sottolinearlo perché credo fortemente nel fatto che esporre le proprie opinioni su determinati fatti, quando sono separate da questi, sia un segno dello sforzo di cercare di essere il più obiettivi possibili. Ritengo che la stessa selezione di certi argomenti e l’omissione di altri o il minor rilievo dedicatogli, si scontrino intrinsecamente con lo sforzo di essere rigorosi e obiettivi. Tuttavia questo non vuol dire che non si possa giungere a un certo grado di obiettività e, soprattutto, che chi legge possa farsi un’idea dei punti di vista che possono incidere, anche inconsciamente, sulla selezione di un argomento piuttosto che sull’esclusione di un altro, così come sulla maniera in cui questo viene enunciato. In altre parole: esprimere le proprie opinioni, separandole dai dati e dai fatti “oggettivi”, o dalla ricostruzione di questi fatti che sia il più plausibile possibile e che tenga conto di quanti più punti di vista diversi possibili, è secondo me un fondamentale segno di obiettività.

Dunque, concludendo, vorrei avanzare alcune osservazioni storiche e politiche sul fenomeno dell’anarco-insurrezionalismo, in particolare quello odierno del contesto italiano: anche se considerassimo la Repubblica Italiana come una poliarchia “plutocratica” o una “democratura”[15], c’è come minimo un certo margine di libertà, ottenuto anche grazie ai sacrifici di tutti quelli che hanno scelto l’”illegalismo partigiano” durante la Resistenza (tra cui, è doveroso ricordarlo, anche combattenti anarchici, molti dei quali probabilmente non sono stati certo felici dell’esito socio-politico determinato in larga parte dai loro “compagni d’armi” comunisti e democristiani), che renderebbe anacronistico ogni ricorso a mezzi violenti per fomentare un’ipotetica insurrezione generalizzata. La strategia insurrezionale-terrorista, seppure venisse considerata eticamente accettabile come mezzo per raggiungere un modello di società ideale, è antiquata almeno per due motivi: il primo riguarda la ricerca del consenso della “massa” (sia borghese che “neo-proletaria”) che, secondo la mia modesta opinione, con questo genere di azioni viene per lo più alienato o, ancora peggio, può essere sfruttato e incanalato da aspiranti golpisti e “complottatori” amanti del “pugno di ferro”, che verrebbe ritenuto o spacciato come necessario per ristabilire “l’ordine”. In secondo luogo i mezzi repressivi e gli strumenti polizieschi-militari dei “governanti”, del “sistema” (al di là  di cosa si pensi della loro legittimità e del fatto che possano sconfinare oltre i limiti imposti dalle varie leggi e garanzie internazionali, prima fra tutte la “Dichiarazione Universale dei Diritti Umani”) sono oggi più che allora sproporzionati, rispetto a quelli di chi sogna l’instaurazione di una società di piccole “federazioni” o di “super-individui” che magicamente raggiungono armonia e solidarietà, fondata sulle macerie di quella passata e sui fiumi di sangue versati in nome di essa. Anche in passato non si è nemmeno riusciti a raggiungere obiettivi molto meno ambiziosi e proiettati sul breve termine, come la pressione che sarebbe stata esercitata per il rilascio di Sacco e Vanzetti con l’attentato dinamitardo che ammazzò più di trenta persone a Wall Street, evento ricordato come il più importante atto di terrorismo internazionale sul territorio statunitense, secondo solo a quello dell’undici Settembre 2001[16].

Del resto anche la democrazia può essere intesa (perlomeno quella “diretta” e non rappresentativa) nella sua forma “pura” come un qualcosa di utopico, un tipo di società verso cui si può tendere all’infinito senza mai raggiungerlo (così come il concetto matematico di tendenza all’infinito). Una tensione verso un modello di libertà assoluta che sia sempre e comunque rispettosa di quella altrui. Concetto di libertà che in qualche modo è connesso sia a quello dei “libertari” che dei “liberali”. Così come c’è una certa coincidenza tra l’anelito di libertà risorgimentale e quello degli “internazionalisti”, oltre che alla comunanza di alcune pratiche “illegaliste”. Nonostante questa tensione sia verso un qualcosa di non pienamente raggiungibile, di utopico, ciò non vuol dire che sia necessario smettere di inseguire il sogno di un mondo di liberi e di eguali in senso assoluto. Ma soprattutto penso che non si debba cedere alla tentazione di usare mezzi e scorciatoie violenti che, a mio dire, confliggono teoreticamente con il fine che si vuole raggiungere, sia che si tratti dell’opera di un’avanguardia rivoluzionaria leninista, sia di un’altra avanguardia rivoluzionaria “mascherata”, orientata allo spontaneismo, che tentano di imporsi, rispettivamente, per instaurare una dittatura “transitoria” di una classe oppure per tentare di affermare la propria configurazione sociale.

È un po’ come dire che l’unanimità delle decisioni in una società potrà essere raggiunta “sempre”, solo utopisticamente … Ma non per questo bisogna “eliminare”, magari fisicamente, chi impedisce di raggiungerla o anche solo smettere di ricercarla, di tendere verso essa. In termini pratici questo obiettivo si potrebbe raggiungere partendo dalle decisioni che riguardano il “piccolo” quotidiano e dai compromessi “orizzontali” che richiedono apertura mentale e non un’intransigenza “cretinista” (parafrasando Berneri) rivoluzionaria (non mi riferisco al genere di compromessi fatti per compiacere un “potente” e per ottenere, “verticalmente”, gerarchicamente, altro potere, un meccanismo già noto a Étienne de La Boétie che non a caso è considerato un “proto-anarchico”). Poi ci sono anche questioni di più ampio respiro che da sempre impegnano le discussioni dei libertari, tra cui per esempio i legami con soggetti politici “esterni” al movimento o la partecipazione alle elezioni, nel senso sia dell’opportunità di partecipazione alle elezioni (si pensi ad Andrea Costa e a Francesco Saverio Merlino), ma anche della sola e circoscritta partecipazione al voto.

A tale proposito lo storico Gianfranco Ragona, parlando di come l’anarchismo sia relegato in una posizione minoritaria nella scena politica, fa un invito a <<tutti i libertari, critici, ribelli, profeti di verità, utopisti>>: <<risuona sempre più impellente la vecchia ingiunzione latina: Hic Rodhus, hic salta>>[17], ossia “dimostrate le vostre affermazioni ora”.

Nella conclusione del citato comunicato della FAI (quello in cui si prendono le distanze dalla FAI-FRI) per esempio si trova una risposta abbastanza precisa, anche se non “dogmaticamente” definita: <<La scommessa degli anarchici organizzatori è quella di costruire ambiti di relazione politica e sociale, che, con il loro stesso esistere, prefigurino relazioni sociali libere, dove il legame organizzativo amplifica la libertà del singolo. L’anarchismo sociale non è permeato da alcuna pretesa che esista la formula definitiva per la società anarchica, ma si interroga e interrogandosi prova a praticare una relazione tra diversi che miri alla sintesi possibile, nel rispetto delle differenze di ciascuno e ciascuna. Siamo consapevoli che solo una società omologata e, quindi, intrinsecamente autoritaria se non totalitaria, può immaginare di espungere il conflitto dalle relazioni sociali: per questa ragione consideriamo l’anarchia un orizzonte costantemente in costruzione, dove la rivoluzione sociale che abolisce la proprietà privata ed elimina il governo, è il primo passo non l’ultimo di un percorso di sperimentazione sociale, che è nostro sin da ora.>>

Molto sinteticamente un’altra risposta possibile, potrebbe essere espressa dalla formula “anarchismo riformista”[18], formula contigua alle politiche gradualiste e alla concezione del socialismo anarchico come <<compimento ideale della democrazia>>[19]. A tal proposito penso ci sia bisogno di sperimentare continuamente varie “alternative” di vita, e del resto la sperimentazione stessa è una componente della vita democratica e di quella di chi non pretende di avere verità assolute[20].


Infine, alle ipotetiche accuse dei vari “anarco-insurrezionali” di essere un “delatore” o un “servo dei padroni” risponderei spiegando che quello che mi sta a cuore è la ricerca della verità, e riproporrei loro le brevissime considerazioni sul tema della segretezza che si trovano nel paragrafo dedicato ad “A/I”, oltre al citato passo in cui Malatesta si vantava di aver contribuito a “combattere” il “partito dei ravacholisti”.




 

 












 

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Anarchici, cade l’accusa di terrorismo, in <<giornaletrentino.it>>, 06 Dicembre 2019

 

Ancora bottiglie manomesse due sedicenni, in <<La Repubblica>>, 8 Dicembre 2003

 

Assolti i redattori di Radio BlackOut dalla vicenda del documento ROS/Marini, in <<guerra sociale.anarchismo.net>>

 

Attentati Val Susa. Don Ciotti, Scavare più a fondo, <<Ansa>>, 31 Gennaio 2000

 

Balocco F., Tav: in ricordo di Sole e Baleno, in <<Il Fatto quotidiano>>, 28 Novembre 2011

 

Bartolini A., No Expo? “Sport rivoluzionario”. Il teorico degli anarchici duri “boccia” i black bloc, in <<Il Fatto quotidiano>>, 9 Maggio 2015

 

Bianconi G., «Azioni in ordine sparse in qualsiasi momento» L’invito ai gesti individuali, in <<corriere.it>>, 06 Settembre 2016

 

Bonini C., Dalle bombe alle Tokarev e dopo l'attentato dissero: Se trovano il pistolone ..., in <<La Repubblica>>, 15 Settembre 2012

 

Bonini C., Quell’ordine dal leader in carcere, in <<La Repubblica>>, 14 Giugno 2012

 

Boschi F., Rogo Alta velocità. Dubii su anarchici, in <<Il Giornale>>, 24 Luglio 2019

 

Bottiglie manomesse I Nas: “Quasi cento casi”, in <<La Repubblica>>, 10 Dicembre 2003

 

Che fine ha fatto “Scarichiamoli”?, in <<Zeus news>>, 16 Giugno 2005

 

Chiude Indymedia: “Una pausa di riflessione” nessun funerale, ma bisogna sanare la crisi, in <<La Repubblica>>, 30 Novembre 2006

 

Cie, la regia degli anarchici sulle rivolte. “Grazie ai migranti che hanno dato fuoco”, in <<Il Corriere della sera>>, 11 Febbraio 2019

 

Cimini F., Bologna, arrestati 12 anarchici per aver fatto saltare le antenne…, in <<Il Riformista>>, 14 Maggio 2020

 

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Fulco I., Ecco l’Italia del videogame intelligente: la critica “gsocial” della Molleindustria in <<La Repubblica>>, 05 Aprile 2013

 

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Giambartolomei A., Torino, chi sono i pm Rinaudo e Sparagna che gli anarchici volevano colpire: inchieste sulle Br e sulla ‘ndrangheta, in <<Il Fatto Quotidiano>>, 21 Maggio 2019

 

Giornalisti aggrediti ai funerali dell’anarchico, in <<La Repubblica>>, 2 Aprile 1998

 

Giustetti O., Gli anarchici irrompono al processo per terrorismo "Solidarietà" tra ex nemici, in <<La Repubblica>>, 12 Febbraio 2019

 

Giuzzi C., Milano No Expo, il manuale di guerra del black bloc: «Non esiste azione senza violenza», in <<milano.corriere.it>>, 3 Maggio 2015

 

Il mirino degli anarchici su Ferrara La lista nera degli obiettivi, in <<Il Resto del carlino>>, 16 Aprile 2009

 

L’obiettore leader del nucleo roveretano, in <<giornaletrentino.it>>, 28 Agosto 2012

 

La firma degli anarco-insurrezionalisti sul sabotaggio ferroviario che ha tagliato in due l’Italia, in <<Open.online>>, 22 Luglio 2019

 

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[1]Riguardo agli anarcocapitalisti, alla differenze e alle affinità con il resto dell’universo libertario segnalo l’articolo di M. Suttora Libertari: destra o sinistra?,  in <<Il Foglio>>, Maggio 2000 e pubblicato sul blog dell’autore all’indirizzo maurosuttora.blogspot.com/2000/05/libertari-destra-o-sinistra.html ; un esempio di persona che si dichiara anarcofascista è l’estremista di destra Maurizio Boccacci, cfr. M. Lugli, Il samurai dell’estrema destra che odia i negri e gli ebrei, in <<La Repubblica>>, 15 Dicembre 2011, reperibile all’indirizzo  (url consultate il 09/03/2021).

[2]Cfr. T. Antonelli, Uno di loro, in <<UN>>, 28 Maggio 2016, reperibile all’url umanitanova.org/?p=2924 ; si dice in questo articolo che i radicali sono <<sedicenti libertari>> in quanto non considerano l’abolizione della proprietà privata necessaria per <<la liberazione dallo sfruttamento capitalistico>>.

[3]F. M. Nicosia, Marco Pannella e i radicali italiani, in <<movimento libertario.it>>, 26 Marzo 2012, cit., reperibile all’url movimentolibertario.com/2012/03/marco-pannella-e-i-radicali-italiani/ (url consultata il 09/03/2021).

[4]Cfr. Incontro con Marcello Baraghini per i 50 anni di Stampa Alternativa e i 60 da radicale da marciapiede, in <<partitoradicale.it>>, 30 Novembre 2019, reperibile all’url partitoradicale.it/2019/11/30/incontro-con-marcello-baraghini-per-i-50-anni-di-stampa-alternativa-e-i-60-di-radicale-da-marciapiede/ (url consultata il 09/03/2021); sul fenomeno dei “Millelire” e dei libri tascabili si veda anche A. Cadioli e G. Vigini, Storia dell’editoria …, cap. V, pp.127-132.

[5]Uno spettacolo basato sulla sua vita è stato quello organizzato nel 2015 dalla sezione livornese della FAI, in uno spazio occupato contiguo a quello dove Gori è stato detenuto per la prima volta, cfr. Pietro Gori a teatro, in <<UN>>, 28 Settembre 2015, reperibile all’indirizzo umanitanova.org/?p=1386 (url consultata il 08/03/2021).

[6]Si trova all’indirizzo youtube.com/watch?v=JFc1m338UDU (url consultata il 08/03/2021).

[7]Cfr. Dario Fo e quella morte accidentale di un anarchico, in <<collettiva.it>> reperibile all’indirizzo collettiva.it/copertine/culture/2020/12/05/news/dario_fo_e_quella_morte_accidentale_di_un_anarchico-694173/.

[8]Disponibile all’indirizzo youtube.com/watch?v=feSIH5TSK0A (url consultata il 08/03/2021).

[9]Reperibile all’indirizzo raiplay.it/video/2021/02/Passato-e-Presente---Morte-al-tiranno-anarchici-del-1800-09e6c951-a5b1-48cb-86e4-8c7371f5551b.html (url consultata il 08/03/2021).

[10]Cfr. G. Sacchetti, Con l’amore …, e cit. p. 92.

[11]Cfr. bfs.it/index.php?it/187/fogli-volanti (url consultata il 09/03/2021).

[12]Cfr. e cit. radioblackout.org/chi-siamo/ (url consultata il 09/03/2021).

[13]Cfr. Come cercare e seguire utenti “sconosciuti” su Mastodon, 1 Aprile 2019 in <<cagizero.wordpress.com>> all’url cagizero.wordpress.com/2019/04/01/come-cercare-e-seguire-utenti-sconosciuti-su-mastodon/ (consultata il 09/03/2021).

[14] E. Garin, Editori e cultura a Firenze: Olschki, un secolo di editoria fra cataloghi e convegni reperibile all’indirizzo olschki.it/media/3a2b4050.pdf (url consultata il 15/03/2021).

[15]La parola “plutocrazia” indica un sistema politico con un’influenza predominante di chi detiene grandi capitali, mentre “democratura” indica un sistema formalmente democratico ma sostanzialmente autoritario, cfr. voci del vocabolario e dei neologismi sul sito della Treccani, rispettivamente agli indirizzi:

treccani.it/vocabolario/plutocrazia/;

treccani.it/vocabolario/democratura_res-3a7baa29-8997-11e8-a7cb-00271042e8d9_%28Neologismi%29/ (url consultate il 09/03/2021).

[16]Ricordo che l’evento è quello di cui ho parlato nella parte di questo scritto dedicata ai “galleanisti”. In particolare la bomba di Wall Street sarebbe addebitabile all’anarchico Mario Buda ed è narrata con toni “epici” dal sito web “Finimondo” e da un’altra pubblicazione a questo collegata, in un saggio intitolato “Nemesi a Wall Street”.

[17]G. Ragona, Anarchismo…, cit. p. 139.

[18]L’espressione “anarchismo-riformista” è usata in senso spregiativo dai comunisti anarchici di “Alternativa Libertaria” nell’articolo Frammenti di un anarchismo riformista, 10 Novembre 2011, reperibile all’url anarkismo.net/article/21043, che recensisce il volume dell’antropologo D. Graeber, Fragment of an anarchist antropology, Prickly Paradigm Press, Chicago, 2004 (url consultata il 09/03/2021).

[19]Cfr. N. Musarra, Merlino e la rivoluzione nel Mezzogiorno d’Italia, in G. Landi (a cura di), AA. VV. La fine del socialismo? Francesco Saverio Merlino e l’anarchia possibilie. Atti del Convegno Imola 1 Luglio 2000, C.S.L. Di Sciullo, Chieti, 2010, e cit. p. 78. Volume reperibile all’indirizzo bibliotecaborghi.org/wp/wp-content/uploads/2015/12/15-MERLINO.pdf (url consultata il 09/03/2021).

[20]Sulla democrazia, sulla relativa possibilità di non avere verità assolute oltre che sullo spirito sperimentale che caratterizza la caratterizza rimando a G. Zagrebelsky, Imparare la democrazia, Gruppo editoriale l’Espresso, Roma, 2005.

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