24.12.22

ATTENTATO AL CENTRO CURDO “AHMET KAYA” DI PARIGI

I PRECEDENTI DELL’ATTENTATORE, I SOSPETTI SUL MOVENTE E IL PROIBIZIONISMO SULLE ARMI

 

Una foto del centro curdo dedicato all'artista Ahmet Kaya, dove è avvenuto il codardo gesto. La foto è tratta dal profilo Facebook dell'associazione

 

LUOGO E DINAMICA DELL’ATTACCO

Il 23 Dicembre, poco prima di mezzogiorno, un uomo di quasi 70 anni ha aperto il fuoco in rue d’Enghien, nella decima circoscrizione di Parigi: il centro culturale dedicato al cantante Ahmet Kaya è considerato un’ambasciata “informale”, dato che il popolo curdo è il più numeroso al Mondo senza una nazione “ufficiale”, e dove si tengono diverse attività tra cui il supporto per le pratiche burocratiche di chi migra.

Diversi colpi di pistola sono stati esplosi uccidendo un’attivista, un cantante (anche la persona a cui è intitolato il centro lo era) e un altro attivista e rifugiato che si trovavano nel centro. Una delle vittime ha provato a rifugiarsi, invano, in un ristorante di fronte. Almeno quattro sono i feriti gravi. Per fortuna alcuni astanti in un parrucchiere, dove sarebbero stati esplosi altri colpi, sono riusciti a disarmarlo: l’esito  poteva essere ancora più tragico dato che era in possesso di altre munizioni calibro 45 custodite in una valigia. Pare che la Colt 1911 usata, dall’aspetto consumato,  provenga da un poligono di tiro.

In queste ore continuano le manifestazioni di protesta e gli scontri con la polizia a Parigi e Marsiglia, iniziate dopo che le forze dell’ordine hanno bloccato l’accesso alla zona durante la contestuale visita del ministro Gérald Darmanin: nelle immagini diffuse si notano diversi appartenenti al servizio d’ordine “interno” alle manifestazioni che cercano di placare gli animi. Alcuni agenti di polizia risultano feriti. L’istanza dei manifestanti è quella della mancata, o perlomeno insufficiente, difesa della comunità curda: in questi giorni continua l’attacco turco alla regione del Nord-Est della Siria (nota come Rojava), insieme al contestuale embargo mediatico” sulla vicenda e agli attacchi interni alla Turchia contro gli oppositori in preparazione per le prossime elezioni




 

L’IDENTITÀ  DELL’ATTENTATORE E I PRECEDENTI PER VIOLENZE A SFONDO RAZZISTA

All’interrogatorio l’attentatore, William Malet, avrebbe dichiarato di essere razzista e di odiare i curdi, e per questo avrebbe perpetrato il vile atto. Stando a quanto riportano le cronache già nel 2016 l’uomo si ribellò a un furto colpendo il ladro con un martello. Quel processo pare che si sia "arenato", ma l’8 Dicembre del 2021 aveva messo a segno un altro attacco contro un campo-tendopoli per migranti a Bercy, ferendo almeno due persone gravemente con una sciabola e lacerando alcune delle circa venti tende, popolate principalmente da rifugiati africani che non sono riusciti a procurarsi un alloggio.

Una delle vittime di quel precedente attacco, ferita con la spada alla schiena e alla gamba e di nome Osman, ha espresso una timorosa sorpresa nel rivederlo sui media: <<come è possibile che sia fuori?! Se lo avessi saputo avrei avuto paura di ritorsioni>> ha dichiarato in un’intervista.

Per quest’ultimo evento era in attesa di processo per tentato omicidio con l’aggravante della motivazione razziale: circa dieci giorni fa erano finiti i termini per la custodia cautelare ed era uscito dopo un anno dal carcere in attesa della continuazione del procedimento giudiziario. Aveva anche l’obbligo di sottoporsi a un trattamento sanitario e di non detenere armi.

Il padre, intervistato dall’emittente francese M6, ha preso le distanze dal figlio definendolo un folle estremamente introverso: ha spiegato che la sera prima aveva giocato a Scarabeo con sua moglie e che pensavano potesse riuscire a “rimettersi in carreggiata”.

Molti si interrogano su una questione fondamentale: se l’attentatore, con precedenti di simili violenze, fosse appartenuto all’ISIS e di etnia non europea, avrebbe ricevuto lo stesso “trattamento” beneficiando della libertà vigilata? I servizi di intelligence occidentali, la stampa e l’apparato giudiziario trattano con lo stesso riguardo anche l’eversione razzista e di destra?

Inoltre dovremmo interrogarci sul “proibizionismo delle armi”, ossia sulla facilità con cui gli strumenti di morte circolano: il ministro dell’interno ha spiegato che l’uomo era registrato in un tiro a segno (similmente a quanto è avvenuto a Roma pochi giorni fa quando il “mass-shooter”  Claudio Campiti avrebbe preso l’arma da un tiro a segno con controlli presumibilmente inefficaci. Sull’argomento ci eravamo espressi in un Tweet contrassegnato dall’hashtag #ProibizionismoDelleArmi) ma alcuni pensano che, dati i precedenti e l’attesa di giudizio, non avrebbe potuto o dovuto comunque avere accesso al poligono: tra l’altro nel 2017 era stato condannato a mezzo anno di carcere -con pena sospesa- e al divieto di possedere un’arma per 5 anni -forse troppo pochi- proprio per detenzione illegale di armi!

Il Ministro dell’interno ha anche dichiarato che quest’anno sono stati sventati 9 attentati pianificati dall’estrema destra e che l’uomo, ex ferroviere in pensione, non è riconducibile a quei circoli, stando a quanto affermano gli apparati d'intelligence. Nelle prime ore trascorse dopo l’attentato la responsabile del circondario, Alexandra Cordebard, aveva dichiarato che il “vero movente” restava oscuro. Politici e autorità francesi oltre a esprimere vicinanza alla comunità curda sottolineano che nulla fa pensare a un attentato pianificato da una regia di estrema destra o, addirittura, del governo turco, ma alla mera azione di un fanatico razzista “indipendente”.

Inoltre nelle prime ore successive all’attentato il cognome diffuso era errato: alcuni scrivevano che si chiamava “William Mehmet”, altri “William Mahmet” e “William Mahomet”, ipotizzando che si trattasse di un turco-francesce. Poi abbiamo “tracciato” la risposta di un altro utente di Twitter che ha diffuso la versione “corretta” del nome. Secondo l’Unione antifascista portoghese la “storpiatura” sarebbe  addebitabile all’estrema destra (e quindi come mossa di propaganda per “sviare” l’attenzione verso la pista turca?!) e l’uomo sarebbe stato candidato con Rassemblement National (abbiamo scritto al collettivo chiedendo un chiarimento, dato che l’ipotetico collegamento al partito fondato dal padre della Le Pen, che ha formalmente espresso condoglianze, lo troviamo solo sul loro profilo e ci pare una fake-news): di sicuro c’è che qualcuno, con dolo o per imprecisione, ha diffuso delle “fake news” e che la foto dell’uomo sta facendo il giro del web (tra l’altro c’è anche un fotomontaggio di orribile gusto di un anonimo militante di destra che lo definisce “santo”, ricordando a chi scrive quando un altro estremista italiano fu definito in modo analogo -ne parliamo nel prossimo paragrafo).






I SOSPETTI AVANZATI DALLA COMUNITA' CURDA

Mancano pochi giorni al decimo anniversario della morte di tre attiviste curde, freddate a colpi di pistola nella stessa zona dell’attacco di ieri: l’inchiesta sull’assassinio di Sakine Cansiz, Fidan Dogan e Leyla Saylemez non è ancora conclusa, i mandanti non sono ancora stati ufficialmente scoperti ma è praticamente certo che siano legati al governo del sultano Erdogan (si ipotizza anche il coinvolgimento di un ambasciatore turco). Anche per questo diverse organizzazioni della comunità curda nutrono il sospetto che non si tratti di “un cane sciolto” ma di un atto sapientemente pianificato dai servizi segreti turchi, come quello di un decennio fa.

Tra i dubbi che molti si pongono, oltre al fatto di come sia riuscito a procurarsi un’arma nonostante fosse sotto sorveglianza, sono state riportate (nell’articolo di Rainews sopralinkato) alcune testimonianze della comunità parigina su degli avvertimenti riguardo possibili attacchi contro la comunità curda del posto, in un clima di tensione e rancore “generale” contro i migranti e con estremisti di estrema destra pronti a tutto. 

A tal proposito è importante ricordare che un mese fa, in Italia, è stata smantellata una rete neonazista che pianificava un attentato a un centro commerciale campano; 11 anni fa, a Firenze, un fanatico estremista di destra vicino a Casapound, Gianluca Casseri, uccise due migranti senegalesi, tra le bancarelle di un mercato prima di suicidarsi; a inizio mese una più vasta associazione di estrema destra in Germania preparava addirittura un colpo di stato; infine tra questa pagine abbiamo affrontato il tema dell’intreccio tra “leghismo”, “putinismo” e “neo-fascismo” parlando anche di un’inchiesta in cui era stato coinvolto un italiano che, tra l’altro, aveva combattuto anche in Kurdistan.

Sta di certo che la il governo del sultano Erdogan sta alimentando la tensione e il “clima d’odio” verso la comunità curda, in particolare additando come terroriste tutte quelle organizzazioni che hanno legami, anche solo ideologici, con il PKK (partito ritenuto ufficialmente da diversi stati ancora un’organizzazione terrorista, anche se moltissimi ne chiedono la cancellazione dalle apposite liste): il Congresso curdo delle società democratiche in Europa (KCDK-E in acronimo) ha diffuso un comunicato in cui invita <<la popolazione mondiale a comprendere che questi omicidi non sono indipendenti dalle politiche di istigazione dello stato Turco che fa diventare i curdi un obbiettivo di politiche genocidiarie e di ogni altra forma di aggressione e massacro (…) A prescindere dall’identità e dai motivi dell’attentatore, lo stato francese dovrebbe sapere che è stato guidato dallo stato turco, e dovrebbe prendersi le proprie responsabilità>>. Viene poi ricordata l’esecuzione delle tre militanti: <<se lo stato francese avesse fatto luce sulla strage di 10 anni fa forse quella di oggi non sarebbe avvenuta>>.

Più dura e specifica la critica “a caldo” di Agit Polat, rappresentante del Consiglio democratico curdo in Francia, che non ha dubbi sulla matrice politica e terroristica dell’attentato, dato che una vittima era anche una nota militante per la causa delle donne curde in Francia. Si chiamava Emine Kara -nome di battalgia Evin Goyi- e aveva svolto un ruolo determinante nella guerra contro l’ISIS liberando Raqqa dal califfato

Anche gli altri due “martiri” erano politicamente attivi: l’artista Mir Perwer, che aveva richiesto asilo in Francia e pare stesse pianificando di ritornare in Turchia, e l’anziano rifugiato e attivista Abdurrahman Kizil, il cui nipote dichiara che l’Europa non è più un posto sicuro per i curdi (e a proposito di questo ci sarebbe molto da dire anche sul veto che impone la Turchia a Svezia e Finlandia per entrare nella NATO e su rimpatri ed estradizioni collegate). Polat critica le autorità francesi perché impegnate più a sorvegliare la comunità curda che a salvaguardarla. Nelle dichiarazioni riportate dalla stampa si legge che ha escluso decisamente la teoria di un attentato organizzato dall’estrema destra (smentita da subito dalle autorità) e, presumiamo, anche da quella di un “lupo solitario” razzista, quella più plausibile per gli investigatori… Invece sui social alcuni alludono ad altri “lupi”, quelli “grigi” coinvolti nell’attentato a Papa Wojtyla… Un esponente del partito espressione di quell’area ultra-nazionalista era finito nell’indagine sull’attentato di Istanbul , pretesto (al di là di chi è il “vero” responsabile dell’attentato) usato da Erdogan per intensificare gli attacchi al Rojava in un clima da strategia della tensione.


Immagini delle vittime del vile attentato postate su Twitter


Speriamo che la magistratura, la comunità curda e internazionale, la stampa e gli attivisti in generale riusciranno a fare piena chiarezza sull’accaduto (anche su quanto accaduto dieci anni fa!) e che questo compito non sarà lasciato agli “storiografi”, cosa avvenute per troppe tragedie nel pianeta (e a volte nemmeno gli storici riescono a fare chiarezza!). Mentre ci apprestiamo a “festeggiare” un altro natale consumista, cogliamo l’occasione per esprimere la nostra vicinanza ai martiri e a chi, coerentemente con il proprio pensiero e coscienza, combatte per un mondo migliore e per ricercare la verità e “le” verità. 

Paolo Maria Addabbo

 


                                       Una canzone dell’artista ucciso, Mir Perwer 


 

Prima pubblicazione di questo post alle ore 23:08 : PUBBLICHEREMO AGGIORNAMENTI NELL'ARTICOLO O NUOVI POST QUANDO CI SARANNO NUOVE INFORMAZIONI


AGGIORNAMENTO DEL 26/12/2022:

Le cronache riportano che, secondo il procuratore francese che sta indagando, l'uomo avrebbe cominciato a maturare odio verso i migranti a partire dal tentato furto nel 2016 succitato, quando colpì a martellate l'autore. 

La mattina dell'attentato si sarebbe recato a Saint Denis: ha rinunciato ad attaccare in quella zona per difficoltà "logistiche". Si è poi spostato nel quartiere popolato dai curdi verso i quali ha espresso odio per un motivo che definire folle è eufemistico: la loro colpa sarebbe quella di aver imprigionato gli esponenti dell'ISIS invece di giustiziarli immediatamente e sommariamente (nell'articolo intitolato "I cuccioli del califfato" parliamo nello specifico della gestione dei prigionieri del sedicente stato islamico, mogli e bambini inclusi).

Le YPJ hanno da poco diffuso un comunicato in cui omaggiano i martiri e ribadiscono le colpe addebitabili al governo turco sintetizzate sopra. Nella conclusione una promessa: <<intensificheremo la lotta e preserveremo l'eredità della Compagna Evin seguendo i suoi passi. Promettiamo che ci sarà vendetta per le donne uccise dalle forze autoritarie e oppressive>>.


AGGIORNAMENTO DEL 02/01/2023:

In un articolo di AFN News si spiega che a poca distanza dal luogo dell'attentato è stato ritrovato un veicolo con "attrezzature di intelligence" per intercettare traffico telefonico e Wi-Fi. La polizia francese ha fatto esplodere il veicolo per paura che si trattasse di una bomba. Secondo l'organo stampa poteva trattarsi di una prova del coinvolgimento dei servizi turchi


ultima modifica 8/11/2023 18:18



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