RICEVIAMO, PUBBLICHIAMO E COMMENTIAMO UN COMUNICATO DI "FREE ASSANGE NAPOLI"
Riceviamo, pubblichiamo e commentiamo un comunicato di "Free Assange Napoli", relativo a un'azione dimostrativa per criticare il "pensiero unico" dei media mainstream italiani e Maurizio Molinari, Direttore Responsabile de "La Repubblica".
Attivista di Free Assange Napoli consegna una medaglia speciale al Direttore de "La Repubblica" |
Lo scorso Lunedì Molinari si trovava nel capoluogo partenopeo per presentare un libro alla "Fondazione Premio Napoli", che promuove l'omonimo premio letterario. Molinari è anche Direttore editoriale del gruppo GEDI, che copre circa un quarto dell'intero mercato dell'editoria nazionale. Il suo ultimo libro, edito da Rizzoli, si intitola "Mediterraneo Conteso". Alla presentazione c'erano anche Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli, Alfredo Guardiano, della fondazione citata, Conchita Sannino, vice di Molinari e Ottavio Ragone, della redazione partenopea del quotidiano.
Siccome tra queste pagine virtuali tendiamo ad approfondire il più possibile una vicenda, prendiamo spunto da questa critica, e dalla relativa risposta del direttore, per analizzare "meta-mediaticamente" quanto si è parlato di Assange, quanto si è straparlato di Navalny, e quanto poco, e male, si parla dei massacri criminali in corso in Palestina.
Iniziamo proprio dal comunicato, che richiama una vignetta satirica dell'artista Vauro, risalente al 2022, quando Zelensky ha conferito a Molinari una medaglia e il titolo di Cavaliere per aver sostenuto la sovranità e l'integrità territoriale dell'Ucraina (se non vedete la vignetta nel riquadro sotto, la trovate a questo link).
"A Maurizio Molinari (direttore di #Repubblica) la medaglia al merito di #Zelensky per il sostegno all'#Ucraina"...
— Vauro (@VauroSenesi) November 15, 2022
La nuova vignetta di Vauro #15novembre
👉🏻 https://t.co/5Lbm4VgTDO pic.twitter.com/M70VTUczEN
Nel disegno si vede la caricatura del volto di Molinari con attaccata alla lingua una medaglia, intrisa di saliva. C'è scritto: <<Eroi. Da Zelensky medaglia al merito a Maurizio Molinari. Beato quel popolo che non ha bisogno di lecchini>>.
LE AZIONI DI "FREE ASSANGE NAPOLI" E DELLA RETE PARTENOPEA PER LA PALESTINA
Questo il testo del comunicato:
Manifestanti di Free Assange Napoli e delle Rete di Napoli per la Palestina alla presentazione del libro: concludono l'intervento con la frase "Stop genocidio!". |
<<BEATO QUEL POPOLO CHE NON HA BISOGNO DEI LECCHINI. Durante la presentazione del libro del direttore di Repubblica Maurizio Molinari, svoltasi in una sala del palazzo reale alla, presenza del sindaco di Napoli, Nicola Angrisano del comitato Free Assange Napoli ha preso la parola per chiedere al direttore spiegazioni in merito alle dimissioni di Raffaele Oriani, giornalista di Repubblica, che si è licenziato definendo la redazione del suo giornale "scorta mediatica del massacro in atto in Palestina".
A conclusione del suo intervento Angrisano ha proposto al sindaco, in continuità con il conferimento della cittadinanza onoraria a Julian Assange a difesa della libertà di stampa, di premiare Molinari con una "medaglia al merito come lecchino della NATO e del Sionismo" in quanto comandante della nave del pensiero unico promosso dalle principali testate giornalistiche italiane. A conclusione dell'intervento gli attivisti sono stati allontanati e identificati dagli agenti della Digos>>.
Dopo aver chiarito il riferimento all'opera di Vauro, parliamo brevemente di Raffaele Oriani, che è stato anche ospite di un incontro organizzato dal comitato partenopeo per la libertà di Julian Assange.
Raffaele Oriani in collegamento a un incontro di Free Assange Napoli |
Come avevamo spiegato in un articolo sul "giornalisticidio" (o "giornalicidio") in Palestina, Oriani a Gennaio si è dimesso dalla Repubblica per protestare contro la <<scorta mediatica che rende possibile>> il massacro.
In quel frangente scriveva anche: <<oggi due famiglie massacrate in ultima riga a pagina 15. Sono 90 giorni che non capisco. Muoiono e vengono mutilate migliaia di persone, travolte da una piena di violenza che ci vuole pigrizia a chiamare guerra. Penso che raramente si sia vista una cosa del genere, così, sotto gli occhi di tutti. E penso che tutto questo non abbia nulla a che fare con Israele, né con la Palestina, né con la geopolitica, ma solo con i limiti della nostra tenuta etica. Magari fra decenni, ma in tanti si domanderanno dove eravamo, cosa facevamo, cosa pensavamo mentre decine di migliaia di persone finivano sotto le macerie. Quanto accaduto il 7 ottobre è la vergogna di Hamas, quanto avviene dall’8 ottobre è la vergogna di noi tutti>>.
Lo scorso Gennaio la Rete Napoli per la Palestina, il Centro Culturale Handala Ali e la Comunità palestinese, avevano organizzato un altro presidio sotto la sede cittadina del quotidiano. Alcun* militant* sono stati ricevuti dalla redazione napoletana che, come riportano le attivist* sui social, <<ha riconosciuto che il direttore Molinari ha una posizione e una narrazione apertamente filo israeliana, come la maggior parte dei media occidentali, e quindi per noi è complice del genocidio in Palestina>>.
Questo avveniva prima delle manganellate contro dei manifestanti che volevano attaccare uno striscione sui cancelli (impossibili da scavalcare) della sede RAI di Napoli, per protestare contro il grossolano comunicato dell'amministratore delegato, letto da Mara Venier, che prendeva le distanze dalla frase di Ghali. L'artista si era "permesso" di dire <<Stop al genocidio>>.
Ritornando alla presentazione del libro di Molinari, questi ha rigettato le accuse di essere portatore del "pensiero unico" mosse da Free Assange Napoli <<con eleganza e pacatezza, citando i fatti raccontati ogni giorno sulle pagine di Repubblica>>, come ha riportato Bianca de Fazio tra le pagine del quotidiano. Nell'articolo, pubblicato ieri, e intitolato "Molinari racconta il Mediterraneo. Manfredi: serve una rete delle città", si specifica inoltre che Guardiano <<a nome del presidente del Premio Napoli Maurizio de Giovanni, ha ufficialmente invitato a Napoli Sami al Ajrami, il giornalista palestinese che ogni giorno da Gaza racconta, su Repubblica, le atrocità della guerra>>.
Forse con poca eleganza, ma con molta franchezza, ci siamo presi la briga di andare a vedere di cosa si parlava sul quotidiano del Gruppo Gedi nei giorni del "Day X", e cioè quando si decideva della sorte di Julian Assange.
LE EDIZIONI DEL 20-21 FEBBRAIO, IL "DAY X"
Il 20 e il 21 Febbraio a Londra sono iniziate le udienze per esaminare la richiesta di estradizione verso gli Stati Uniti del collega Julian Assange. Il suo calvario giudiziario inizia con delle infanganti e fasulle accuse di stupro in Svezia, e potrebbe terminare con una condanna fino a 175 anni di carcere e la pena di morte per imputazioni legate allo spionaggio, come abbiamo spiegato in un approfondimento sulla vicenda di Wikileaks e Julian Assange, in cui analizziamo sia le potenziali criticità del progetto di whistleblowing, ma soprattutto gli aspetti rivoluzionari, trasformativi e innovativi di un giornalismo basato su fonti primarie.
Abbiamo pubblicato anche un altro scritto in cui critichiamo e analizziamo il "doppiopesismo" di stampa e politica: si straparla di Navalny, i politici organizzano fiaccolate in pompa magna, strumentali alle loro beghe elettorali, mentre Assange viene relegato in dei trafiletti, non viene menzionato nei titoli dei TG, ma gode di un vasto supporto della società civile. È ovviamente giusto parlare di Navalny, un nazionalista xenofobo perseguitato, avvelenato e sbattuto in un gulag a 30 gradi sotto lo zero da un altro nazionalista, quel Putin che ha favorito ed è stato favorito da molti politici nostrani.
A sinistra Julian Assange che si affaccia dal balcone dell'Ambasciata dell'Ecuador, dove aveva ottenuto asilo politico. A destra Alexei Navalny, in un video di propaganda nazionalista citato nell'articolo. Giornale e candele alludono alla fiaccolata e all'attenzione mediatica dedicatagli. Il megafono vicino ad Assange simboleggia le tante mobilitazioni popolari in suo favore. Foto originale di Assange di "Snapperjack", rilasciata con licenza Creative Commons. |
Però, colpevolmente, non si dedica lo spazio necessario ad Assange, anche lui al centro di un complotto per avvelenarlo durante l'amministrazione Trump.
Della piattaforma dell'hacktivista visionario non si deve parlare, non solo perché queste vicende sarebbero più difficili da raccontare e da analizzare... Ma soprattutto perché, per il "pensiero unico dominante", non è accettabile riconoscere che i "buoni" occidentali, in fondo in fondo, sono molto simili ad altri despoti "non atlantisti", e cioè non alleati di USA e NATO. Sui crimini di guerra e contro l'umanità commessi nelle guerre "per esportare la democrazia", e sulla corruzione della parte del Mondo in cui viviamo si devono chiudere tutti e due gli occhi!
Se Assange fosse anche il peggiore dei criminali bisognerebbe comunque parlarne: per la tortura psico-fisica cui è sottoposto da anni nella "civile" Europa, per tutte le notizie diffuse da Wikileaks che hanno fatto guadagnare soldi ai colleghi che adesso non muovono una penna per lui, per la sua concezione della verità rivoluzionaria: fornire il massimo grado di riservatezza a chi è debole e denuncia i potenti e, al contempo, pretendere il massimo grado di trasparenza da chi ci governa, e che troppo spesso nasconde le proprie malefatte dietro il segreto di stato.
E di questo si dovrebbe parlare moltissimo, al di là del fatto che si ritenga Assange una spia di imprecisati servizi segreti o un loro "utile idiota". Assange resta comunque un editore, un giornalista e un "hack-tivista" che ha avuto un'influenza enorme sulla comunicazione, a partire dall'inizio del nuovo millennio.
Il 20 Febbraio al centro della prima pagina del quotidiano diretto da Molinari troviamo la moglie di Navalny, con il titolo "Yulia sfida Putin". In seconda e terza pagina si parla anche della madre del dissidente ucciso in un gulag contemporaneo, con un articolo sulle "Due donne contro lo Zar". In due specchietti della prima pagina, in taglio basso, trovano spazio la morte di "Ira von Furstenberg" (approfondita a pagina 21) e un articolo dedicato al Napoli Calcio (un po' di malsano "panem et circenses" contemporaneo non può mai mancare!).
La prima pagina del quotidiano il 20 Febbraio |
Di Assange nessuna traccia in prima pagina, mentre Navalny era morto quattro giorni prima... Il cognome del fondatore di Wikileaks nell'edizione di quel giorno si trova solo una volta, incidentalmente, quando si riporta una dichiarazione di Giuseppe Conte in merito alla fiaccolata organizzata per Navalny: <<la libertà va sempre difesa, anche per Julian Assange e per Jamal Khashoggi>>, giornalista saudita fatto letteralmente a pezzi per ordine dell'"amico" di Renzi (stando a delle prove raccolte dall'ONU, mentre Renzi lo ritiene innocente). E ovviamente non c'è traccia nemmeno di Stella Assange, moglie e legale di Julian.
Un altro riquadro, in taglio medio, indica un approfondimento a pagina 12 e 13 in cui si parla degli Houti, che avevano affondato <<un cargo inglese. Al via Aspides, lo scudo della missione UE>>. Sempre a pagina 12, dopo alcuni articoli di politica interna, si trova anche un pezzo del succitato Sami al-Ajrami, in cui si parla anche degli attacchi alle moschee, insieme a una corrispondenza da Tel Aviv con Israele che pretendeva <<le scuse di Lula>>. C'è poi l'analisi in cui si parla dei droni sottomarini a disposizione degli Houthi.
Eppure il giorno prima, a proposito dei territori illegalmente occupati in Palestina, erano successe un bel po' di cose: il fanatico-sionista Smotrich aveva annunciato di voler ritirarsi dagli accordi di Oslo; Francia, Spagna, USA e Regno Unito avevano dichiarato di voler imporre sanzioni per arginare la follia criminale dei "coloni", ossia dei paramilitari de facto, in Cisgiordania; inoltre la Corte Internazionale di Giustizia aveva appena avviato un ciclo di nuove udienze, mentre la conta delle vittime superava quota ventinovemila!
Secondo chi scrive, ciò riflette i nostri interessi egoistici e quelli della classe dirigente che dovrebbe guidarci: se si toccano le merci il dis-ordine internazionale si muove subito mentre, per salvare civili, sono molto pochi quelli che chiedono un cessate il fuoco o l'invio di una forza di interposizione per imporlo ad ambo le parti. Per questo si dedica più attenzione alle milizie yemenite che attaccano le navi portacontainer, mentre migliaia di civili vengono sterminati, tacciati di essere tutti "terroristi" complici di Hamas, con l'uso di un linguaggio genocida e disgustoso.
Insomma: di cose da dire sui massacri impuniti nei territori occupati palestinesi ce ne erano tante! Però alla maggioranza delle persone, e quindi anche dei giornalisti, servono più pagine sullo sport-show-business che sulla guerra...
A pagina 26 e 27, nella sezione "Commenti", si trova un articolo su Hamas e un altro sulla fiaccolata per Navalny. Nel primo si critica la (quantomeno parziale, se non soltanto presunta) <<simpatia appena dissimulata per Hamas>> di <<centri sociali ed estremismi di ogni colore>> in <<piazze venate di antisemitismo>>. Sicuramente l'antisemitismo esiste, come esistono svariate forme di discriminazioni e razzismi, ma non va assolutamente confuso con l'antisionismo! E va ricordato sempre che, anche se l'ala militare di Hamas ha compiuto un eccidio terribile, quel singolo atto criminale non può invalidare il diritto riconosciuto giuridicamente a resistere, anche con le armi, a un'occupazione militare e a un regime di apartheid.
Nella prima pagina del giorno successivo c'è un riferimento a un evento nella città di Londra. Non è però l'udienza che potrebbe far estradare Assange rischiando la pena di morte, nel peggiore dei casi. L'evento londinese messo a pagina numero uno è una mostra su Yoko Ono. Dopo aver parlato della vicinanza di Salvini a Putin, si ripropone l'appello della madre di Navalny per riavere il corpo del figlio, a pagina 6.
Sotto, finalmente, un trafiletto stringato dedicato al caso giudiziario di Assange. A pagina 14 due articoli su "Il conflitto in medio oriente", unica pagina dedicata alla Palestina su 55 totali. Nel primo si parla del veto USA per il cessate il fuoco, nel secondo di manifestanti israeliani che bloccano i tir che portano aiuti umanitari a Gaza. Aiuti tra l'altro già insufficienti: affamare una popolazione è un altro crimine di guerra. Sempre nella sezione "Commenti", a pagina 30, si trova un articolo di Paolo Rumiz intitolato "Navalny, è anche colpa nostra". Anche qui, finalmente, quantomeno si cita l'hactivista australiano: <<lo smemorato Biden protesta senza far nulla, e intanto costringe Julian Assange -anima gemella di Navalny- all'esilio sorvegliato in Inghilterra>>.
Per Assange e la Palestina si può e si dovrebbe fare e parlare molto di più! Cominciando a salvaguardare la vita dei giornalisti gazawi sopravvissuti e a far entrare la stampa internazionale a Gaza in modalità non "embedded", e cioè senza le censure stabilite dall'esercito israeliano. L'esercito fa raccontare solo ciò che serve a giustificare un massacro spacciato come legittima difesa: è una punizione collettiva di un'intera popolazione, dopo decenni di pulizia etnica e di "genocidio incrementale"! Stop al genocidio, stop al colonialismo e stop all'occupazione illegale!
Cronissa Nolletta
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